La Consensus di Montreal1 definisce la Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE) come una condizione clinica conseguente al reflusso del contenuto gastrico in esofago (reflusso gastro esofageo, RGE). 1,2
La MRGE si manifesta tipicamente con dolore epigastrico, dispepsia, disfagia, odinofagia, nausea e vomito. 3 La complicanza principale della MRGE è l’esofagite. Una complicanza a lungo termine è la metaplasia intestinale (esofago di Barrett).3 Oltre che l’esofago, il reflusso, come è noto, può interessare le mucose delle vie respiratorie (reflusso extraesofageo o reflusso laringo-faringeo, Laryngopharyngeal Reflux, LPR degli Autori anglosassoni): in questo caso si manifesta con tosse, laringite, sinusite, faringite, otiti medie, asma1.
La prevalenza della MRGE nel nostro Paese è elevata: 4,5 circa il 44% della popolazione ne è interessata, nel corso della vita, con gravità e frequenza variabili.4 La malattia interessa tutte le età. La prevalenza dell’esofago di Barrett sarebbe pari in Italia all’1,3%.4 In Italia si calcola che circa il 74% dei pazienti con MRGE presenta qualche sintomo extraesofageo; tra il 19,9% e il 38,7% presenta disturbi a carico della gola6.
La patogenesi della MRGE è piuttosto complessa e il danno mucosale è il risultato della prevalenza di diversi eventi e fattori lesionali sui meccanismi di “protezione mucosale”. Questi ultimi si compongono di una barriera funzionale pre-epiteliale, data dagli ioni bicarbonato presenti nella saliva, dalla peristalsi esofagea (clearance esofagea) e dalla vera e propria barriera epiteliale
Proprio in ragione dei diversi meccanismi fisiopatologici in gioco, anche l’approccio terapeutico alla MRGE rimane piuttosto controverso e, in parte almeno, inadeguato, essendo ancora oggi basato sull’algoritmo di Ford 8 che prevede l’associazione di norme dietetiche e comportamentali e un trial empirico con IPP.
Tuttavia i dati disponibili dimostrano che circa la metà dei pazienti risponde poco alla terapia antiacida.
Le evidenze sono ancora più controverse per i soggetti con sindrome atipica extraesofagea. I dati derivati dai trial controllati2 dimostrano che la terapia empirica con PPI non risulta più efficace del placebo nell’alleviare i sintomi di pazienti con reflusso laringo-faringeo (RLF).
Inoltre né i sintomi, né i rilievi laringoscopici o pH-metrici risultano predittivi della risposta alla terapia con inibitori di pompa in questi pazienti.9
Il percepito è che ad oggi le malattie da reflusso sono in costante aumento, probabilmente anche a causa delle nuove abitudini di vita, e che l’automedicazione con IPP, senza controllo medico, sia la scelta terapeutica più diffusa, con i conseguenti rischi di abuso.